Pearl Jam ‘Gigaton’ la recensione

Pearl Jam e il nuovo disco’Gigaton’

Uno sguardo al futuro e al passato contemporaneamente

 

 

Recensione

Nella scena grunge di Seattle dei primi anni ’90, I Pearl Jam emersero come parte di un mosaico più grande, come dei membri di un super gruppo prima ancora del loro debutto. Questo ha permesso ai Pearl Jam di trovare la loro voce, scrivendo canzoni rock serie, ispirate al punk ma a volte intimiste. Ora sono come un brand tutto per se, rimangono l’ultima band intatta dalla loro scena particolare, quel grunge di Seattle che ha perso per strada quasi tutti. Per molti i Pearl Jam immortali sono quelli di ‘Ten’ e ‘Vs’. Gigaton è un’indubbia dichiarazione democratica, ma Vedder rimane la loro luce guida, la voce che ha permesso a questa particolare band di sopravvivere a un’intera generazione di imitatori.

Vedder offre testi prolissi e ingranditi che affrontano direttamente Trump, la crisi climatica e un crescente senso di disagio apocalittico. I suoi testi occasionalmente escono confusi. A parte questo, stilisticamente il disco rappresenta il sound dei Pearl Jam a metà. Il ringiovanimento artistico che ‘Gigaton’ mira a fornire sembra leggermente fuori portata. In questo senso, ci ricorda ‘No Line on the Horizon’ degli U2, un altro tentativo di sperimentazione di fine carriera dopo una serie di affermazioni back-to-basic. Entrambi i dischi indulgono il lato artistico di una band influente in modi per lo più superficiali – canzoni più lunghe, atmosfera incollata, grandi tentativi di filosofare sulla vita – mentre si allontanano dall’attuale sovversione che li ha resi eccitanti in primo luogo.

Come gli U2, i Pearl Jam sono stati in grado di sostenere la loro eredità anche senza un nuovo lavoro vitale in studio. Ma a differenza degli U2, i Pearl Jam sembrano contenti di consegnare i loro messaggi ai già convertiti, senza interesse per l’attenzione principale che una volta arrivava naturalmente. La loro autocoscienza fonda questa musica e ne limita l’ambizione. Il disco contiene contiene dei pezzi riconducibili ai vecchi Pearl Jam e altri come ‘Dance Of The Clairvoyants’ scelto appunto come singolo ci porta ai nuovi lidi della musica a tratti pop. Non sappiamo se queste scelte sia volute nettamente dalla band, ma la canzone in se non è affatto brutta. Stona tutto questo in una band ex grunge?

Per tutta la sperimentazione in studio del disco di Eddie, i momenti che ricordiamo sono le sottili scelte che fa come vocalist: il suo ansioso talk-sing in ‘Seven O’Clock’, il modo in cui imita il ritornello senza parole del misterioso ‘Buckle Up’, il grido del coro in ‘Quick Escape’, forse una delle migliori tracce del disco. Dopo dischi come ‘Backspacer’ del 2009 e ‘Lightning Bolt’ del 2013, dove hanno combattuto la loro carenza di idee , ‘Gigaton’ tenta di ripristinare le loro ambizioni. In parte ce la fanno, in altre no, semplicemente per il fatto che pur sperimentando, le canzoni o le parti più belle appartengono al suono Pearl Jam classico, dove la chitarra wha wha di McCready urla, il basso di Jeff Ament suona saltellando sulle battute quadrate di Matt Cameron. ‘AlRight’ ritrova il carisma di Vedder, forse il migliore del disco. Eddie il visionario, il sopravvissuto al fenomeno grunge, l’ultimo rimasto delle super band Alice In Chains, Nirvana e  Soundgarden, che insieme ai Pearl Jam crearono il fenomeno grunge.

 

 

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Tracklist

  1. Who Ever Said – 5:11 (musica: Eddie Vedder)
  2. Superblood Wolfmoon – 3:49 (musica: Eddie Vedder)
  3. Dance of the Clairvoyants – 4:26 (musica: Jeff Ament, Matt Cameron, Stone Gossard, Mike McCready, Eddie Vedder)
  4. Quick Escape – 4:47 (musica: Jeff Ament)
  5. Alright – 3:44 (Jeff Ament)
  6. Seven O’Clock – 6:14 (musica: Jeff Ament, Stone Gossard, Mike McCready, Eddie Vedder)
  7. Never Destination – 4:17 (musica: Eddie Vedder)
  8. Take the Long Way – 3:42 (Matt Cameron)
  9. Buckle Up – 3:37 (Stone Gossard)
  10. Comes Then Goes – 6:02 (musica: Eddie Vedder)
  11. Retrograde – 5:22 (musica: Mike McCready)
  12. River Cross – 5:53 (musica: Eddie Vedder)

 

La voce di Eddie Vedder ci ricorda una parte di un passato musicale che è stato spezzato via letteralmente dal mainstream. ‘Gigaton’ è forse il loro miglior album dell’ultima decade per la band, a metà strada tra innovazione e suono classico made in Seattle.

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2 pensieri su “Pearl Jam ‘Gigaton’ la recensione

  1. Ho tutti gli album dei PJ ma questo ho deciso di non prenderlo…pensavo che dei due precedenti ricordo a fatica il titolo…non volevo comprarlo solo perché sono i PJ e Vedder ha una bella voce. Invece trovo di una bellezza incredibile l’ultimo degli Alice in Chains che continuano avere tantissimo da dire, da brividi…

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