Le star italiane mostrano un nuovo hashtag perchè stanno andando in bancarotta

La situazione di emergenza sta distruggendo il futuro anche di chi lavora con i concerti ma oramai è tardi!

Dopo aver incoraggiato l’app IMMUNI , ripetuto il loop ‘State a casa‘ arruffiandosi il Governo, aver preso una valanga di shitstorm, oggi queste stesse star si accorgono che stanno per andare in bancarotta

 

 

Io lavoro con la musica-2-3

 

Una testata fa queste riflessioni:

Da qualche giorno impazzano sui social musicisti arcinoti e sconosciuti con un cartello in mano, c’è un hashtag: #iolavoroconlamusica. Ora, siccome tradizionalmente il 21 giugno, con l’ingresso dell’estate, si celebra la Festa della Musica, s’è deciso (con un filo d’ambiguità) di proclamarla “festa senza musica”, visto che il comparto, non tanto i big e i circuiti maggiori, ma l’indotto dei lavoratori, rischia di essere tra le principali e prime vittime dell’emergenza economica Covid.

Una protesta che dovrebbe, nelle intenzioni, scuotere il Governo in fase di discussione degli emendamenti al Dl rilancio. Un hashtag. E qui ci vorrebbe una pausa alla De Luca, un hashtag. Peccato che la protesta arrivi, ma lo sanno tutti quelli che operano da quelle parti, quando i buoi sono scappati da un pezzo dal recinto e mica solo per colpa del Governo. Troppo facile.

Il punto è che, fiumi di parole, cartelli, post, anime gentili e “io ci metto la faccia”, fino a ieri hanno dormito serrando strettissimamente gli occhi di fronte all’evidenza di una categoria che non era una categoria, irrappresentabile da qualunque forma sindacale o parasindacale, perché frantumata in rivoli di progetti e idee diverse e con un tasso di litigiosità e astio interni raramente visti. I grandi nomi si sono fatti la loro strada lastricata di copertine patinate e megaconcerti, i medi hanno vivacchiato sull’esistente, i piccoli hanno raccolto le briciole al grido piagnucoloso di “siamo più bravi, ma più sfigati e intellettualmente onesti”. Nessuna solidarietà effettiva, nessun serio tentativo di rendere collettive in un corpo intermedio le istanze del settore: chi ha chiuso gli occhi rispetto al trattamento infame di operatori da palco satrapizzati dagli organizzatori, chi non s’è voluto mescolare per uno snobismo ridicolo d’approccio, chi ha provato a raccoglier firme solo per salvare sé stesso e magari fare la star del festival del quale era stato nominato direttore artistico.

Chi da decenni vomita astio sugli aiuti di Stato, sui finanziamenti alla stampa, ai partiti e via dicendo, chi ha scritto inni antisistema oggi sta lì, col suo hashtag, a chiedere aiuto allo Stato. Con quale credibilità? Qualcuno davvero credo che la politica si farà scuotere da un cancelletto, a meno che non lo abbia preordinato a prescindere dalla protesta? Ma per carità.

Ma c’è un motivo più sottile, eppur centrale, sul perché il settore è entrato in una crisi che per molti (purtroppo) sarà irreversibile. L’espressione artistica non può diventare categoria rappresentativa, perché pur producendo in casi fortunati lavoro e ricchezza (non tutta quella che si racconta) non ha alcuna forza reale di impatto esercitabile attraverso azioni di blocco produttivo. Detto in altri termini, se i musicisti scioperano, ma sarebbe un controsenso, non fregherebbe niente a nessuno. Lo sciopero impedisce di assembleare macchine, elettrodomestici, paralizza servizi pubblici, senza il contraltare costituzionalmente riconosciuto di un danno, per quanto previsto e legittimo, non si ha alcuna forza. Nessun uomo ragionevole sul pianeta si dispererà per non ascoltare un concerto, casomai andrà al cinema o farà una passeggiata. Suona orrendo detto così, ma tant’è; del resto le conquiste sociali e di civiltà nel Secolo Breve e ancora oggi si son fatte a suon di scioperi che hanno paralizzato l’attività, fatto cadere Governi, causato paralisi e tutta la storia economica recente può esser letta con la chiave dello scontro-confronto tra le parti sociali.

Quello che invece accade (e accadrà con furia maggiore) è che le sorti dei musicisti le deciderà il mercato. Amaro, amarissimo, ma è così e non può esser che così in un sistema a capitalismo finanziario.

Saranno forse aiutati i grandi Festival, le kermesse, i circuiti maggiori e magari qualche soldino arriverà per il jazz o il folk o vattelappesca. Ma sarà un aiuto talmente inferiore rispetto alla domanda da rendere la crisi di quel settore, appunto, irreversibile, tanto da consigliare – a chi ancora può – di iniziare a girarsi intorno, alla ricerca di lavoro in settori diversamente produttivi.

Eh ma l’arte… eh ma la bellezza … eh ma le idee. Qui da sempre si difendono e si difenderanno quei princìpi, ma chiudere gli occhi di fronte alla realtà è colpevole almeno quanto ignorare la forza prepotente e rivoluzionaria dell’arte e della musica.

 

Noi forse siamo più categorici. Stare a casa per tutti tranne per le multinazionali (supermercati, farmacie, tabaccai e Amazon) era devastante per un’ economia sana. I cantanti appoggiavano il Governo non ragionando sul fatto che la situazione gli si sarebbe ritorta contro. Ci siamo fin qui? Bene.
Oggi mostrano l’hashtag perchè la situazione li sta cominciando a toccare. E prima perchè non mostravano hashtag contrari al Governo, ci riservano le dirette sullo ‘State a casa’? Cosa pensavano, che il Governo li avrebbe sostenuti?
La situazione è veramente complicata per tutti. Il Governo non sosterrà le maestranze del settore musicale, che sono poi la fascia più debole, i Vip italiani si cominciano a svegliare? O i soldi stanno finendo anche per loro?

 

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2 pensieri su “Le star italiane mostrano un nuovo hashtag perchè stanno andando in bancarotta

  1. Tutta questa gente, italiana e non, non mi fa pena per niente. Mi dispiace semmai per chi lavora all’allestimento dei loro concerti e dei festival a cui questi lecca deretano del sistema partecipano, perché ne conosco alcuni e so quanto lavoro c’è dietro l’allestimento di uno spettacolo e quanti sacrifici facciano tutti i vari tecnici, dalle luci al suono agli strumenti, tecnici che adesso si ritrovano disoccupati anche a causa di questi artisti per lo più benestanti e ricchi che per diventare ancora più benestanti e ricchi hanno visto bene di fare da ripetitore a un governo di squallide marionette eterodirette.
    Pensino piuttosto a pagare le tasse allo stato italiano visto che sembrano tanto affezionati ai suoi pupazzetti.

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